La svolta semiotica. Nuova edizione accresciuta by Paolo Fabbri
autore:Paolo Fabbri [Fabbri, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-01-14T23:00:00+00:00
Domande e risposta*
Domanda n. 1. Vorrei sottoporre due questioni. Precedentemente vorrei però ricordare che accanto allâaffermazione di René Thom più volte citata (tutte le metafore sono vere) potremmo porne unâaltra, anchâessa di un certo interesse per la semiotica. Mi riferisco alla celebre idea di Italo Calvino, il quale sosteneva che tutte le fiabe sono vere.1 Chissà , forse metafore e fiabe sono vere, semioticamente, per lo stesso motivo.
La prima questione riguarda qualcosa che mi ha molto incuriosito, ovvero lâidea che nel concetto peirciano di interpretante ci sarebbe dentro in qualche modo anche lâenunciazione. Forse â ma è appunto la domanda che vorrei porre â lâidea può essere approfondita, anche allo scopo di trovare altri tipi di collegamento tra le due semiotiche che sono state opposte: quella generativa e quella interpretativa. Mi chiedo se non sia possibile utilizzare lâidea di Peirce della fuga degli interpretanti, o della semiosi illimitata, per spiegare la relazione tra enunciato ed enunciazione.
Cerco di spiegarmi. Dicevi giustamente che la narratività come attività configurante non sta soltanto nellâenunciato narrativo ma anche nellâenunciazione della narrazione medesima. Se lâenunciazione è una forma di azione, di conseguenza essa sta in un concatenamento, quindi in una forma di racconto. Potremmo chiederci allora: se ci sono attanti dellâenunciato e attanti dellâenunciazione, chi enuncia gli attanti dellâenunciazione? Possiamo pensare a una specie di âfuga degli enunciatoriâ che si rimandano a vicenda in una sorta di narrazione aperta, che è poi soltanto lâuso, la cosiddetta prassi enunciazionale, a bloccare? Non si tratta di andare alla ricerca di una tomistica causa prima del discorso ma, esattamente al contrario, di strutturare la relazione tra enunciati ed enunciazione in termini di concatenamenti progressivi e culturalmente determinati. Faccio due esempi molto pratici. Pensiamo innanzitutto alla pubblicità : câè uno spot, che ovviamente si spiega come un racconto, e câè lâenunciazione di questo spot, anchâessa ricostruibile in forma narrativa; câè poi il problema di vedere se, per esempio, dietro il prodotto pubblicizzato non ci sia una marca, e se dietro la marca non ci sia una marca più grande, quella del gruppo, e così via. Il che pone dei problemi di coerenza enunciazionale tra una pubblicità , poniamo, di un prodotto e una, poniamo, istituzionale. Ci sarebbe una specie di rinvio di enunciatori che va sia spiegato dallâanalisi sia tenuto sotto controllo al momento della produzione testuale.
Stessa cosa accade in tuttâaltro settore comunicativo qual è quello del telegiornale. Chi è il soggetto dellâenunciazione di un telegiornale? il conduttore? la testata giornalistica? la rete che la trasmette? il gruppo televisivo al quale la rete appartiene? le forze politiche che sono dietro il gruppo televisivo? à come se ci fosse un enunciatore sempre più indietro, del quale il telespettatore è in qualche modo sempre consapevole, e del quale pertanto lâanalisi deve tenere conto. Insomma, questa questione, riletta in termini di âfuga degli enunciatoriâ, potrebbe forse anche aiutarci a mettere insieme la distanza che câè oggi tra la semiotica del testo (che parla di attanti enunciativi impliciti) e la socio-semiotica (che parla invece di comunicazione fra soggetti sociali dati).
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